Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha firmato giovedì un ordine esecutivo che impone sanzioni contro la Corte penale internazionale (ICC), il principale tribunale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. Trump ha giustificato la decisione accusando la Corte di condurre «azioni illegittime e infondate contro l’America e il nostro stretto alleato, Israele». Il riferimento è al mandato d’arresto internazionale emesso lo scorso novembre dalla Corte contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant.
Gli Stati Uniti e Israele non sono firmatari dello Statuto di Roma, il trattato del 1998 che ha istituito l’ICC, e non ne riconoscono la giurisdizione. Questo significa che il mandato d’arresto contro Netanyahu e Gallant obbliga solo i paesi firmatari ad arrestarli, qualora si trovassero sul loro territorio. Tuttavia, anche tra questi Paesi, le posizioni sull’esecuzione di tale mandato sono divergenti: l’Italia, ad esempio, per bocca del suo ministro Antonio Tajani, ha già fatto sapere che non procederà ad arrestare Netanyahu se dovesse entrar nel Paese.
Le sanzioni previste dall’ordine esecutivo consentono agli Stati Uniti di congelare i beni appartenenti a membri dell’ICC e di negare il visto a loro e ai loro familiari. Al momento, l’amministrazione Trump non ha reso noti i nomi delle persone coinvolte. Non è la prima volta che Trump adotta misure di questo tipo: nel 2020, durante il suo primo mandato, il governo statunitense rispose a un’indagine della Corte sui crimini commessi in Afghanistan imponendo restrizioni di viaggio e bloccando i conti bancari di alti funzionari dell’ICC, tra cui la procuratrice Fatou Bensouda.
L’annuncio delle sanzioni è arrivato il giorno dopo la visita di Netanyahu a Washington, il primo leader internazionale ricevuto da Trump nel suo secondo mandato. Durante l’incontro, Trump ha anche proposto che gli Stati Uniti assumano il controllo della Striscia di Gaza, suggerendo che i due milioni di palestinesi che vi abitano debbano andarsene. Un piano che ha suscitato reazioni immediate, considerate le sue implicazioni legali e umanitarie.
Il progetto appare infatti irrealizzabile e contrario al diritto internazionale. Egitto e Giordania, che secondo Trump dovrebbero accogliere i profughi palestinesi, hanno già fatto sapere di non essere disposti a farlo. La proposta ha sollevato forti critiche anche all’interno della stessa amministrazione americana.
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