Marzo è un mese simbolico che porta il ritorno della luce, ma anche un momento di riflessione e ricordo: quello dell’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna. Data simbolo di una lotta che attraversa epoche e culture, ricordandoci quanto sia stato difficile – e quanto sia ancora necessario – affermare il principio della parità di genere.
Oggi, l’equità tra uomini e donne sembra essere quasi un diritto acquisito, ma non lo è. Non esiste ancora oggi una vera parità, è ricordarlo significa riconoscere che non si tratta solo di una questione di diritti, ma di progresso collettivo. La parità di genere non è un concetto che va solo prodotto ma un motore di sviluppo economico, di innovazione e di benessere sociale. Dove le donne hanno accesso alle stesse opportunità degli uomini, le società prosperano, le economie crescono e le nuove generazioni ricevono un’educazione più equa e inclusiva.
Eppure, la strada è ancora lunga. Il divario salariale persiste, la rappresentanza femminile nei luoghi decisionali è molto spesso minoritaria, e la violenza di genere continua a essere una piaga globale. Marzo, dunque, non deve essere solo un momento di celebrazione, di rivorrò e memoria di tragedia, ma anche di impegno concreto. Ogni gesto conta: dalla promozione di politiche aziendali più inclusive alla valorizzazione del talento femminile in ogni settore, fino all’educazione delle nuove generazioni al rispetto e all’uguaglianza. L’idea dell’underdog, ovvero di chi parte svantaggiato e deve lottare più degli altri per emergere, è ancora profondamente radicata nelle dinamiche sociali, economiche e di genere, nonostante i progressi questi ultimi anni. Ma quanto manca perché questa disparità sia solo un ricordo? Secondo i dati del World Economic Forum, le donne guadagnano in media il 20% in meno rispetto agli uomini, anche a parità di ruolo e competenze. Sebbene negli ultimi anni si siano moltiplicati gli sforzi per ridurre il gender pay gap, il ritmo del cambiamento è ancora troppo lento. Se proseguissimo con questa tendenza, ci vorrebbero oltre 130 anni per eliminarlo completamente.
Le donne continuano a essere una minoranza nei ruoli di potere. Nei vertici aziendali delle Fortune 500, meno del 10% degli amministratori delegati sono donne. Anche in politica, finanza e tecnologia, la loro rappresentanza è ancora insufficiente. A ostacolare la loro ascesa non è solo la mancanza di opportunità, ma anche il pregiudizio inconscio che spesso porta a scegliere uomini per posizioni di comando.
Un altro divario ancora lontano dall’essere colmato riguarda il lavoro domestico e di cura. Secondo le Nazioni Unite, le donne svolgono il 75% del lavoro non retribuito a livello globale. Questo include la cura dei figli, degli anziani e della casa, spesso a discapito della carriera. Senza un riequilibrio delle responsabilità familiari – attraverso politiche di welfare più efficaci, congedi parentali paritari e maggiore coinvolgimento maschile – la parità di genere rimarrà un obiettivo irraggiungibile.
La violenza di genere, non di meno meno, è una battaglia ancora aperta ed è una delle più importanti battaglie da compiere. Le campagne anti violenza sembrano non produrre grandi cambiamenti, si continua a morire per mano dell’uomo.
Finché la sicurezza e l’incolumità delle donne non saranno garantite, parlare di uguaglianza sarà solo retorica. Servono leggi più severe, più protezione e un cambio culturale che scardini la radice patriarcale della violenza.
Il cambiamento è possibile, ma solo se alle parole seguiranno i fatti. La vera parità di genere non sarà raggiunta quando una donna avrà le stesse possibilità di un uomo, ma quando non sarà più necessario fare questa distinzione.
In questo marzo, il nostro impegno deve essere quello di trasformare le parole in azioni. Solo così potremo guardare al futuro con la certezza che l’uguaglianza non sia solo un ideale, ma una realtà tangibile per tutte e tutti.
L’articolo Marzo: il mese delle donne proviene da IlNewyorkese.