Il vino come racconto: Federico Zanella, l’uomo che porta l’Italia in bottiglia negli Stati Uniti

Federico Zanella ha solo 33 anni, ma è già alla guida di una delle realtà più strategiche per l’export vinicolo italiano negli Stati Uniti. CEO e presidente di Vias Imports dal 2021, ha analizzato ai microfoni de ilNewyorkese il presente e il futuro del vino italiano d’Oltreoceano.

Vias è il principale esportatore di vini italiani negli Stati Uniti, con una storia iniziata nel 1983 grazie all’intuizione di suo zio, Fabrizio Pedrolli. «Vias nasce dall’idea di portare il vino italiano in America – ha spiegato Zanella – ed è una storia di quarant’anni fatta di passione e amore per il vino e per i produttori che ci sono dietro le etichette».

L’approccio di Zanella e dell’azienda è chiaro: selezionare e promuovere le piccole e medie imprese italiane che producono vino di qualità, puntando non solo sul prodotto ma sul racconto che ogni bottiglia può offrire. « Se vogliamo partire proprio dall’origine del prodotto, il vino è molto legato a quella che è la storia e la tradizione delle popolazioni. Andando al giorno d’oggi, in termini forse più spiccioli, vendere un vino che racconta la storia di un produttore, di una famiglia, di un territorio, è quello che poi riesce a differenziarti dalla massa».

Con un’attenzione particolare alla trasparenza: «Trasparenza sta nell’onestà di raccontare, nell’essere in grado di raccontare la storia che c’è dietro l’etichetta. In un mondo che va così veloce, il consumatore tende a tralasciare quello che un vino riesce a rappresentare. Di conseguenza, essere in grado di dare valore alla fatica dei produttori e alla passione che ci mettono è fondamentale. Ecco, la trasparenza sta proprio lì».

Zanella riconosce che i consumatori, in particolare i più giovani, sono sempre più attratti dalla narrazione legata ai prodotti che acquistano. Questo vale anche negli Stati Uniti, dove il mercato è diviso tra grande distribuzione e una rete ancora solida di piccoli liquor store indipendenti. «Il mercato americano è ancora in buona parte in mano agli indipendenti ed è lì che il vino italiano proveniente dalle PMI può ancora dire la sua». Nonostante la concorrenza di superalcolici, birre e seltzer, il CEO di Vias si dice fiducioso: «Credo sia un ciclo, e che si tornerà a fare bene nel breve periodo».

Un nodo cruciale per il futuro è però rappresentato dall’instabilità politica e commerciale a seguito della questione dei dazi. Zanella è schietto: «In questo scenario fare piani, fare budget, fare previsioni è praticamente impossibile. Il danno maggiore finora l’ha fatto l’incertezza. Non sono i dazi in sé: quelli, bene o male, avendo un numero, uno può decidere come trattarli, come affrontarli. Ma l’incertezza genera ombre anche negli occhi del consumatore, che quindi tende a consumare e a spendere di meno».

Tra annunci e smentite, l’industria del vino guarda con apprensione alle prossime mosse dei governi. «Se noi fatturiamo di meno, le cantine italiane fatturano di meno. Siamo tutti sulla stessa barca. È auspicabile che si arrivi a un patto il prima possibile e che sia equo per tutti».

Nel suo racconto, Zanella rivela anche il proprio percorso personale, da ingegnere gestionale a manager di un’azienda familiare con radici profonde ma visione internazionale. «Mi rende molto fiero portare avanti la storia che mio zio ha iniziato. Lavoriamo insieme molto bene con mia cugina, e sono contento di dove sto». Per lui, il vino è prima di tutto un ambiente umano, fatto di storie, di relazioni e di identità. E l’Italia ha ancora molto da offrire nel mondo, a patto che si sappia raccontarsi meglio: «Dobbiamo passare dall’essere ricordati come quelli della dolce vita all’essere effettivamente un sinonimo di eccellenza a livello mondiale, quali siamo peraltro. La questione è  solo come comunicarlo».

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