La notizia è rimbalzata qualche settimana fa, intorno alla metà del mese di maggio, spiazzando tutto il mondo del cinema e non solo. Fin dai primi annunci le reazioni non si sono fatte attendere: dal classico “non ci sono più idee”, al “ma… se sviluppato bene può darsi che…”. Stiamo parlando dell’incredibile ritorno di John Rambo. Si, proprio così: avete letto bene, il reduce del Vietnam più famoso della storia del cinema ritorna con un film o capitolo o episodio, come meglio preferite, tutto nuovo.
A questo punto, molti di voi, penseranno, a rigor di logica, che il suo volto storico, quello di Sylvester Stallone, a partire dal 1982 in poi, tornerà, a sua volta, ad essere della partita dopo il disastroso quinto capitolo che ha, nei fatti, rovinato il finale del quarto episodio realizzato nel 2008?
Invece, questa volta la risposta è negativa. Lo stesso Sly, anche per ovvi motivi anagrafici, non tornerà mai più in quello che è il suo secondo ruolo che gli ha ulteriormente confermato e consacrato agli occhi del pubblico di tutto il mondo dopo, ovviamente, il personaggio di Rocky Balboa, dell’omonima saga ideata proprio da lui, nel 1976.
Infatti, la trama sarà incentrata non tanto su qualche nuova avventura o nel gergo suo, una nuova guerra da affrontare; semmai si ritorna di nuovo indietro nel tempo, in cui si racconta e, allo stesso tempo, si mostra un Rambo mai visto prima d’ora. Per la precisione, mai visto rispetto a quel primo storico e leggendario episodio inaugurale tratto dal romanzo di David Morrel, in cui si vedeva il reduce del maledetto conflitto in Vietnam, venir vessato da alcuni sceriffi di una piccola contea americana. Sarà un giovanissimo John Rambo alle prese proprio con i drammi che lo hanno traumatizzato, un Rambo che si muoverà all’interno della guerra del Vietnam.
Dunque, non già segnato da quella tragedia epocale, ma, forse, anche totalmente spensierato inizialmente che vedrà le proprie speranze, come tutti quei giovani di quel periodo, infrangersi contro la triste realtà di quegli anni ’60, seppur mitizzati e cristallizzati in una particolare aurea positiva e, alle volte, fin troppo edulcorata.
In definitiva si tratta non di un sequel ma di un prequel e, allora, perché non ipotizzare anche questa pazza e folle idea: forse lo stesso prequel nasconde anche un reboot dell’intera saga?
La domanda sorge spontanea, parafrasando il grande e mai dimenticato Antonio Lubrano, e per un semplice motivo: se Stallone, ormai settantanovenne non può apparire più con un fisico giovane e senza rughe, a rigor di logica ci sarà un altro interprete a cui spetterà questa patata bollente. Ovvero, non far rimpiangere l’attore originale e di sicuro non per un solo film, ma per più episodi da proporre sul grande schermo
Per il momento le uniche notizie, apparentemente scarne, sarebbero queste: si conosce già non solo chi sia il regista, il finlandese Jalmari Helander, e che la sceneggiatura sarà a quattro mani tra Rory Haines e Sohrab Noshirvani; inoltre si dovrebbe iniziare a girare già il prossimo ottobre in Thailandia. E Stallone? È stato coinvolto? La risposta è positiva.
La sua partecipazione nel progetto, a quanto emerso nelle settimane precedenti, sarà, molto probabilmente come producer, anche se a finanziare quella che sembra, nei fatti concreti, una vera e propria sfida impossibile sarà la casa di produzione cinematografica Millennium Media.
Il punto, però, è un altro e lo abbiamo lasciato intendere in apertura di articolo con i due tipi di reazione. È vero che da un lato il ritorno di Rambo sia molto ma molto allettante. Basta pronunciare solamente il suo nome per attirare, ancora oggi, un bel numero di curiosi nelle sale cinematografiche. Appunto, però, c’è un ‘ma’ che mostra, dall’altro lato, una buona dose di perplessità.
Perplessità non del tutto negativa, semmai un po’ attenta ad un dettaglio che è emerso fin da subito, nella saga, proprio grazie a quel leggendario capitolo datata 1982. Un solo momento, una sola scena che, forse più di tutte le altre che hanno cercato di spiegare i traumi del reduce del conflitto in Viet-Nam negli episodi successivi, fu abbastanza chiara, per non dire molto diretta e che non ammetteva altra spiegazione o ulteriori approfondimenti.
Stiamo facendo riferimento al famoso monologo-sfogo della scena finale del lungometraggio diretto da Ted Kotcheff, in cui Rambo mostra, in tutto e per tutto, la sua fragilità emotiva, distaccandosi dall’essere la perfetta macchina da guerra per riappropriarsi della sua essenza: quella dell’uomo ferito, rappresentante una nazione ferita.
Dunque, il dubbio che sovviene è questo, dopo aver ricordato quel momento leggendario del primo film, al di là del fatto che il prequel possa avere o no successo è veramente necessario?
L’articolo Il prequel “Rambo” senza Stallone: ne avevamo bisogno? proviene da IlNewyorkese.