Carl Brave a New York: «Gli italiani all’estero sono un pubblico speciale»

Musica e basket. Ecco cosa ha portato, o meglio, riportato Carl Brave a New York.

La prima volta aveva 18 anni e un sogno: «ero venuto da giocatore di basket con l’idea di fermarmi qui, iscrivermi a un college e costruirmi intanto una carriera da professionista». Poi lo ha chiamato Stella Azzurra, un club cestistico di Roma ed è tornato nella capitale: «Il mio primo momento sliding doors».

La seconda, è stata la volta del viaggio romantico, con la fidanzata dell’epoca. E poi c’è questa, la terza.

«Quando ho fissato la data del concerto a New York il 7 giugno, mi sono detto che poteva essere l’occasione per unire le mie due più grandi passioni: la musica e il basket. Sono arrivato qualche giorno prima dell’esibizione per andare a Oklahoma City a vedere l’Nba Finals tra Thunder e Pacer. Una figata, era la prima volta che vedevo una Finals dal vivo, un’emozione unica».

Confessa Brave, il quale – per chi ancora non lo sapesse – prima che la musica prendesse il sopravvento giocava ad alto livello (campionato di serie B, nazionale). «Il mio secondo momento sliding doors».

Le Finals Nba di solito le vede di notte, sul divano. «Questa volta è stata decisamente più scomoda. Raggiungere Oklahoma City è stato assurdo, diluviava, c’era un tornado. Ho preso aereo, bus, macchina…con il costante rischio aquaplaning. Ma ne è valsa la pena, vuoi mettere? È tutta un’altra cosa. E poi arrivare lì mi ha dato l’opportunità di vedere l’altra faccia dell’America, quella di Dallas per esempio che mi ha veramente colpito, molto ruvida, brutale. Ma vera».

Dopo la partita, Brave è tornato a New York per esibirsi a McDougal Street, dove, nonostante la pioggia è riuscito a coinvolgere il pubblico, trasportandoli sulle note della sua musica verso Roma, verso l’Italia.

«C’erano anche locals, ma la maggior parte delle persone erano italiani o italoamericani. Suonare, cantare, esibirsi per loro è diverso, ha un altro sapore. Gli italiani che vivono all’estero, per brevi o lunghi periodi, sono sempre un po’ nostalgici. La performance con loro si trasforma, è più vicina è più calda. Si lasciano coinvolgere, vogliono cantà. Per me è proprio un pubblico speciale».

Mi ha detto Brave con un friccico negli occhi.

«Vorrei farne di più di concerti così, e New York poi è pazzesca, piena di stimoli. La musica è ovunque, si respira e ispira. Devo assolutamente tornare».

Beh, è proprio quello che volevo sentire, Perfect, come il titolo del suo singolo in collaborazione con Sarah Toscano, fuori da pochissimo e già hit, estratto dal suo ultimo album Notti brave amarcord uscito lo scorso 25 aprile.

«Ci tengo tanto a questo album, è molto personale, ripercorre tante immagini della vita in una sorta di ritorno al passato. È tipo un diario ma anche un nuovo inizio».

Altro friccico.

Un nuovo inizio che noi speriamo preveda tanti altri stop qui, a New York.

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