Il nome di Alfonso Pecoraro Scanio è da decenni sinonimo di ambientalismo in Italia. Già presidente della Federazione dei Verdi, ex ministro delle Politiche Agricole e dell’Ambiente, oggi continua la sua battaglia per un futuro sostenibile come docente universitario e promotore di iniziative green.
Oggi sei docente, consulente, advisor. Ma il tuo impegno è sempre lo stesso?
«Sempre. Non ho mai cambiato direzione. Già a 12 anni raccoglievo firme per un parco marino nella mia zona, a 15 ho fondato una lista nel mio liceo contro tutti i partiti tradizionali, poi ho contribuito a creare i Verdi. Oggi aiuto giovani eco-digital innovatori a trovare spazio e potere. Insegno turismo sostenibile nelle università di Milano, Roma e Napoli per dare a questo Paese una strategia turistica che finora è sempre stata poco programmata».
Il tema dell’overtourism è molto dibattuto. Come si può gestire meglio il turismo in Italia?
«Il problema è proprio la mancanza di programmazione. Con gli strumenti digitali potremmo gestire i flussi turistici in modo molto più efficace. Il turismo di massa, se mal gestito, diventa un danno per le città e anche per i visitatori stessi. Serve una regolamentazione che coinvolga non solo gli alberghi, ma anche l’extra-alberghiero, come case vacanza e affitti brevi. Inoltre, dovremmo valorizzare le tantissime bellezze italiane al di fuori dei soliti circuiti: vicino Roma, per esempio, abbiamo i Castelli Romani, la Tuscia, territori stupendi spesso ignorati».
Parli spesso di “eco-digital innovatori”. Chi sono e come pensi di portarli al potere?
«Sono giovani con una grande sensibilità ambientale, ma anche con un forte approccio tecnologico e imprenditoriale. Oggi un ragazzo che vede una spiaggia inquinata non si limita a fare una petizione, ma magari sviluppa una tecnologia per ripulirla e la mette sul mercato. Il futuro è nella combinazione di ecologia e digitale. Serve però anche un rinnovamento istituzionale: se lasciamo le istituzioni in mano a persone che non hanno questa visione, rischiamo di frenare il cambiamento».
A Miami hai avviato iniziative sulla sostenibilità. Qual è il tuo ruolo negli Stati Uniti?
«Ho tenuto una serie di incontri e collaborato con l’amministrazione locale, anche con la vice-sindaca, su temi di sostenibilità. Miami è una città molto vulnerabile al cambiamento climatico e all’innalzamento del livello del mare, quindi si stanno muovendo molto su questi temi. Gli Stati Uniti sono un Paese federale: molti Stati e città, indipendentemente da chi sia presidente, portano avanti le loro politiche ambientali».
La comunità italo-americana ha avuto un ruolo importante nel riconoscimento UNESCO della pizza napoletana. Ora stai lavorando a una nuova campagna?
«Sì, tra le tante cose che faccio sono presidente del comitato scientifico di COLDIRETTI, Campagna Amica, e nel 2017 abbiamo ottenuto il riconoscimento UNESCO per l’arte della pizza napoletana, grazie anche a un grande supporto dagli italiani all’estero, specialmente a New York. Ora stiamo portando avanti una candidatura più ampia: vogliamo far riconoscere l’intera cucina italiana come patrimonio UNESCO. La nostra cucina è sostenibile, basata su piatti di recupero e su una straordinaria diversità bio-culturale. Abbiamo piatti che derivano dalle influenze greche, arabe, francesi, ma che abbiamo saputo rielaborare in modo unico. L’Italia ha il maggior numero di riconoscimenti UNESCO al mondo, e questo ulteriore titolo sarebbe un modo per valorizzare il nostro patrimonio gastronomico».
Perché in Italia si fa così fatica a percepire l’ambientalismo come un valore positivo?
«Il dibattito in Italia è ancora polarizzato tra catastrofisti e negazionisti, mentre la sensibilità ecologica è ormai diffusissima, soprattutto tra i giovani. Certo, ci sono interessi economici enormi in gioco: chi possiede pozzi petroliferi, ad esempio, non accetterà mai di buon grado la transizione ecologica. Ma il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti, non si può negare. Per questo servono incentivi e politiche che accompagnino la trasformazione, senza imporre modelli rigidi. Io, ad esempio, quando ero ministro ho introdotto il Conto Energia per il fotovoltaico: ho incentivato l’uso dell’energia solare senza imporre obblighi, e oggi l’Italia è tra i primi paesi al mondo per produzione di energia solare».
Gli italiani hanno molto successo a New York. Da cosa dipende questo legame speciale?
«New York è una città estremamente dinamica, piena di energia, e in questo ha molte affinità con Napoli. Gli italiani, poi, quando sono all’estero riescono a esprimere al massimo le loro capacità, senza la zavorra burocratica che spesso li frena in Italia. Siamo un popolo di eccellenze individuali, a volte con un po’ di “casino collettivo”, ma proprio questa creatività e capacità di adattamento ci rende vincenti in città come New York».
L’articolo Alfonso Pecoraro Scanio: “Così l’Italia può guidare la transizione ecologica” proviene da IlNewyorkese.