Il Fondo Monetario Internazionale taglia le stime di crescita e boccia la guerra commerciale di Trump

La guerra commerciale iniziata dal presidente Trump avrà un impatto negativo sulla crescita economica mondiale che, rispetto allo scorso anno, si attesterà al 2,8%, con una contrazione dello 0,5%. Le ricadute saranno ancora più significative sull’economia statunitense le cui stime di crescita, per il 2025, sono dell’1,8%, in calo di ben 0,9 punti percentuali rispetto alle previsioni di gennaio scorso. Il trend negativo proseguirà anche nel 2026, con una crescita stimata intorno all’1,7%. È quanto emerge dal report, World Economic Outlook, pubblicato ieri mattina dal Fondo Monetario Internazionale (FMI).

L’introduzione di dazi “reciproci” da parte del presidente Donald Trump, del 2 aprile, non solo ha scosso il mercato azionario, l’indice S&P 500 è sceso del 9% dall’introduzione dei dazi, ma ha anche innescato contromisure da parte di altri partner commerciali, generando un grave shock negativo per la crescita, ha affermato l’economista capo del FMI, Pierre-Olivier Gourinchas, durante la conferenza stampa a Washington.  

È indubitabile, secondo il FMI, che il sistema economico globale, che ha funzionato negli ultimi 80 anni, stia subendo un riassetto. L’aliquota tariffaria degli Stati Uniti ha ormai superato i livelli della Grande Depressione e, le controrepliche dei maggiori partner commerciali, hanno spinto verso l’alto l’aliquota globale. Tutto ciò ha ingenerato un clima d’incertezza politica, che è un fattore determinante per le prospettive economiche.

Nonostante l’amministrazione repubblicana ha affermato che, nel tempo, i dazi più elevati si riveleranno vantaggiosi, poiché favoriranno la ripresa del settore manifatturiero e aumenteranno l’occupazione statunitense. Il FMI ritiene, invece, che lo shock negativo dell’offerta, causato dai dazi, nel medio periodo ridurrà la concorrenza e l’innovazione generando un ulteriore rallentamento della crescita globale.

Sebbene il FMI non preveda una recessione negli Stati Uniti, dato che il mercato del lavoro è, ad oggi, ancora molto solido, il report evidenzia una probabilità di recessione del 40%, in aumento rispetto al 25% di ottobre 2024.

Le previsioni del Fondo Monetario Internazionale chiariscono inoltre che i dazi potrebbero complicare gli sforzi per contenere l’inflazione. Il fondo ha, infatti, alzato le sue previsioni dal 2% di quest’anno al 3%.

L’effetto dei dazi sui tassi di cambio è complesso. Invero, nei precedenti periodi, caratterizzati da una forte volatilità di mercato, hanno determinato il rafforzamento del dollaro statunitense e causato un rialzo delle pressioni inflazionistiche negli altri paesi. Tuttavia, il dollaro ha invertito questa tendenza a seguito della recente svalutazione del mercato. “L’effetto dei dazi sui tassi di cambio non è semplice”, ha spiegato Gourinchas. “Nel medio termine, il dollaro potrebbe deprezzarsi in termini reali se i dazi si traducono in una minore produttività nel settore dei beni commerciabili statunitensi, rispetto ai suoi partner commerciali”.

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